Il punto di Alessandro Duran sul grande weekend di boxe italiana

Alessandro Duran su Squeo, Zucco, Turchi e il futuro della boxe

Si è appena concluso un weekend indimenticabile per la boxe italiana, con incontri di grande spessore e un’attenzione crescente da parte del pubblico.

Abbiamo avuto l’onore di intervistare Alessandro Duran, ex campione mondiale ed europeo dei pesi welter e oggi uno dei più autorevoli commentatori di pugilato in televisione. Duran ci offre un’analisi approfondita sui recenti match, la crescita del movimento italiano e le sfide ancora da superare.

Partiamo dall’incontro più atteso. Il nostro Claudio Squeo ha perso contro un fuoriclasse assoluto come Opetaia, in un match, quello del mondiale IBF dei massimi leggeri, che sapevamo fosse proibitivo, ma ha comunque attirato molta attenzione dal pubblico italiano. Possiamo considerare questa una piccola vittoria in termini di visibilità per la boxe italiana?

Claudio Squeo, si sapeva in partenza che affrontava un match al limite del proibitivo, e il ring ha dimostrato il perché fosse così.

Opetaia è un grandissimo campione: ha una struttura fisica importante, imponente, sa fare il pugilato e picchia maledettamente forte.

Claudio ci ha provato per quattro riprese, poi la classe e la differenza pugilistica sono venute fuori in maniera evidente, tutte a favore di Opetaia, che ha concluso il combattimento prima del limite.

Certo, un pugilista italiano che combatte per un titolo mondiale all’estero dà grande visibilità a questo sport. Sono quei combattimenti che non si possono assolutamente rifiutare, anche se l’esito appare scontato.

Claudio ha fatto una prestazione coraggiosa e merita applausi.

Ivan Zucco, in Inghilterra, con una prestazione maiuscola di grande coraggio, ha sfiorato il titolo europeo dei supermedi contro Callum Simpson, ma alla fine non ce l’ha fatta. Secondo te, cosa gli è mancato: una migliore preparazione fisica, una strategia diversa nella seconda parte del match o il divario fisico evidente con l’avversario?

Ivan Zucco non ce l’ha fatta a diventare campione europeo dei supermedi contro Simpson. Ha disputato un grandissimo combattimento, dimostrando temperamento, coraggio, convinzione e voglia di vincere.

Ha dimostrato di essere un pugile che ha la dinamite nelle mani, perché ha messo per terra due volte l’avversario ed è andato a un soffio dal vincere prima del limite. Però, dopo, ha pagato a caro prezzo i suoi limiti difensivi.

Ivan è un grande attaccante: sa chiudere l’avversario, sa tagliare il ring, però deve migliorare nella fase difensiva.

Simpson, che è un picchiatore, è riuscito a incanalare il combattimento sul binario a lui più congeniale e, con il montante destro, ha fatto danni enormi.

Un montante destro che è stato una costante per tutto il match, e nella ripresa decisiva, con quel colpo, è riuscito a chiudere il combattimento.

Però è stata una prestazione davvero maiuscola, che merita applausi.

Nella splendida cornice di Firenze, alla Leone Boxing Night, Fabio Turchi ha vinto con una prestazione di cuore e orgoglio, conquistando il titolo WBO Global Cruiser. Considerando che la categoria cruiser è molto vivace in Italia e che Fabio sembra voler ripuntare a una nuova chance mondiale, non sarebbe più emozionante, secondo te, vedere prima un match tutto italiano contro Jonathan Kogasso, molto amato dagli appassionati?

A Firenze si è tenuta una riunione bellissima, in uno scenario favoloso, da togliere il fiato. Piazza Santa Croce ha regalato una serata splendida: un vero spot per il pugilato italiano.

Fabio Turchi ha vinto un combattimento durissimo. I giudici lo hanno premiato con un margine netto, ma secondo me ha vinto di strettissima misura.

Aveva iniziato molto bene nelle prime tre riprese, mostrando la cintura e mettendo in luce la scuola di Giacobbe Fragomeni.

Tuttavia, dalla quarta ripresa, quando si è chiuso un occhio, sono iniziati i problemi.

Volkov ha lavorato con ottime combinazioni a due mani e ha colpito spesso. Ha segnato molto il volto di Fabio, che però — con coraggio, temperamento e forza di volontà — è riuscito a non cadere. Ci sono stati momenti davvero difficili, ma ha chiuso alla grande.

Certo, tutti gli appassionati di pugilato sognano un match tra Fabio Turchi e Jonathan Kogasso. Ha senso anche per me, ma al momento credo sia difficile da realizzare, perché Turchi lavora con l’Opi Since 82 della famiglia Cherchi, mentre Kogasso è con la TAF di Edoardo Germani.

Quindi, penso che i due non riusciranno a trovare un accordo. Potrebbe succedere soltanto se uno dei due conquistasse un titolo importante e, per regolamento, procedessero alla sfida ufficiale.

Nei match di Squeo e Zucco, i loro rispettivi avversari sono apparsi fisicamente più imponenti. Secondo te, qual è la verità sul taglio del peso: si tratta di una pratica rischiosa per la salute o, in certi casi, può davvero rappresentare un vantaggio competitivo?

Il taglio del peso è, secondo me, una pratica folle, che andrebbe assolutamente abolita.

Non sono convintissimo che il taglio del peso porti reali vantaggi ai pugili. Anzi, sono convinto del contrario: sottoporsi a perdere 10 kg — e a volte anche di più — nel giro di una settimana, è qualcosa che, credo, qualsiasi medico serio o nutrizionista sconsiglierebbe.

E potrebbero spiegare molto meglio di me i danni che questa pratica può causare, sia a livello fisico che mentale, a un ragazzo.

Comunque, è una pratica che non nasce nemmeno nel mondo del pugilato: arriva dalle MMA ed è poi stata portata anche nella boxe. Io, però, resto assolutamente contrario.

Non credo porti tutti questi vantaggi. Penso che, alla fine, vinca sempre il pugile migliore.

La differenza tra i nostri pugili e i loro avversari, secondo me, non sta nel taglio del peso né nel confronto fisico.

Il vero problema è che, a mio parere, questi ragazzi dovrebbero lavorare molto di più sulla fase difensiva. Ma qui si apre un altro capitolo, molto delicato, del pugilato italiano: quanti maestri sono davvero all’altezza di insegnare le basi fondamentali?

Parlo del bloccaggio, dello schivare, dei passi laterali, dell’uscita dalle corde, e di come affrontare i momenti difficili quando ci si ritrova spalle alle corde.

Una volta c’erano grandissimi maestri che insegnavano tutto questo, e anche campioni che erano un esempio per i ragazzi.

Quando entravi in palestra e vedevi i campioni allenarsi, se avevi delle doti, imparavi.

La boxe italiana sembra in crescita, con più pubblico e interesse. Pensi che questo sia merito di una migliore organizzazione o del fatto che oggi ci sono sempre più pugili seri e preparati che non hanno timore di affrontare match difficili e credibili, anche all’estero?

Così come stiamo facendo, bisogna ricostruire tutto con calma. Siamo sulla strada giusta, perché ultimamente abbiamo visto dei begli incontri tra pugili italiani.

Si è capito che bisogna cambiare mentalità: i migliori devono affrontarsi tra loro, e questa è l’unica strada percorribile per far sì che il pugilato torni dove merita.

Perché secondo me il suo posto è molto in alto.

Si ringrazia Alessandro Duran per la sua disponibilità.

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