Lento, vecchio, arrugginito, con in testa un solo obiettivo: il denaro.
Tyson Fury (34-0-1, 24 KO) , in quello che doveva essere un incontro di esibizione contro il campione di MMA Francis Ngannou, soffre, va al tappeto e rischia seriamente di perdere il match.
Una “figuraccia” che non può passare inosservata dinanzi ad una folla gremita, fra sceicchi e vip di ogni genere, atterrati a Riyadh, principalmente per la star inglese.
Tutto apparecchiato, quindi, per la sfida che avrebbe decretato l’uomo più cattivo del pianeta.
Dopo un’attesa infinita, lunga, stucchevole e a tratti snervante, fra cerimonie e virtuosismi di ogni tipo, il ring ha parlato.
Il novello Ngannou, scuote il campione, lo stende stende al terzo round con un potente gancio e lo costringe ad un match di sofferenza e mestiere.
The Gipsy King, canna completamente la tattica.
Crede che il suo avversario sia al pari di Wilder, Whyte e Chisora in termini di forza fisica, ma sbaglia.
Nel corpo a corpo Francis è una roccia, Tyson non riesce ad imporre la sua solita, recente, tattica: spostare il peso del proprio corpo sul rivale.
I round passano e Fury cerca con i jab di tenere la distanza e fare entrare qualche colpo; ma ogni volta che scambia con il camerunense i guai sono dietro l’angolo.
La vittoria arrivata per split decision è opinabile.
Conveniva a tutti, forse, presentare il campione WBC imbattuto all’evento del 23 Dicembre contro Oleksandr Usyk.
Uno spettacolo, che però, al netto del lusso e del contorno extra ring, ha mostrato una cruda realtà.
Tyson Fury è la fotocopia sbiadita del campione famelico che detronizzò Wladimir Klitschko e dominò Wilder.
Oggi è un padre di una nutrita famiglia, a cui il denaro “facile” serve come il pane, anche a costo di trascurare la sua vera essenza di pugile.